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Comete
Bimestrale on line
Reg. Tribunale di Vicenza n. 1165 del 18 dicembre 2007
Editor e direttore responsabile Bianca Nardon
Redazione STEP Srl Contrà Porti, 3 Vicenza


Anno II n. 3 Marzo/Aprile 2008

Incontro con Giovanni Allevi

Il musicista racconta il suo libro "La musica in testa" (Ed. Rizzoli)

www.giovanniallevi.com

Milano, 4 marzo 2008 Conferenza stampa

Giovanni, cos'hai messo dei tuoi studi di filosofia nel libro?
Scrivere mi ha aiutato a superare uno stato ansioso. Sono riflessioni che ho elaborato quando mi sono trasferito a Milano, a 28 anni e ho vissuto per due anni in uno stato di quasi totale isolamento in un piccolo monolocale. Facevo il cameriere per arrivare a fine mese e concludevo i miei studi di composizione al conservatorio. Ero in uno stato alterato, di "essere gettato nell'esistenza", come vorrebbe il filosofo Heidegger. Ho elaborato le mie riflessioni filosofiche sul pianoforte. Ma il pianoforte è solo un pretesto. Nel libro si parla di abbandono, di un silenzio vigile della mente, di lasciare che l'esistenza piano piano manifesti i propri doni senza voler forzare gli eventi. Sono spunti filosofici che partono dalla mia condizione quasi disperata. Però arrivo a delle conclusioni che possono essere riassunte in un'accettazione della mia fragilità e della difficoltà dell'esistenza, e allo stesso tempo in un riconoscimento del valore straordinario che la quotidianità può regalare. Certe volte la quotidianità ci regala dei lampi di senso meravigliosi, purché noi siamo ricettivi e in grado di accoglierli.

Lo stato ansioso viene soprattutto dall'incapacità di arrendersi. L'artista in genere ricerca la perfezione. Il suo orecchio e le sue dita sono più fini. E' il primo a rendersi conto dei suoi limiti. Probabilmente l'ansia viene anche dall'incapacità di essere ciò che si è nella testa. Come sei arrivato invece a questo concetto di resa che presuppone una forte umiltà? (Mario Luzzatto Fegis)
Tutte le riflessioni filosofiche presenti nel libro partono comunque dalla vita vissuta. Quando sono venuto a vivere a Milano, è stato un momento all'insegna del mio scontro diretto con l'Accademia e quindi con l'impossibilità. Milano in quel periodo era per me un insieme di palazzi irraggiungibili e di porte chiuse e sbattute in faccia. Gli aneddoti nel libro raccontano anche della mia audizione al conservatorio di Milano dove alla fine quasi mi cacciavano per il mancato riconoscimento della musica che stavo affrontando. Da questa esperienza si è sviluppata una mia attitudine ad attendere. Piano piano ogni volta che una porta si chiudeva, in realtà, io ho imparato a comprendere che mi trovavo di fronte ad un segnale. Un segnale che mi diceva che quella non era la strada da percorrere e che probabilmente io ero destinato a qualcosa di molto più grande, non a entrare in un sistema precostituito, ma a costruirne un altro, di nuovo, che oggi vedo davanti agli occhi L'apoteosi di questo percorso è stato il concerto in Piazza Duomo a Milano con più di cinquantamila persone per ascoltare un pianoforte solo. Io dalla terrazza li ho guardati e mi sono detto: "Probabilmente qui abbiamo costruito qualcosa di nuovo e di straordinario". Si tratta di un percorso umano, esistenziale, accompagnato da una riflessione filosofica. Questa si riassume nel fatto che l'abbandono e l'attivismo non sono due elementi contrastanti. L'abbandono può conciliarsi con l'attivismo. Il lasciare che le cose accadano significa essere ricettivi e pronti ad accogliere i doni che l'esistenza continuamente ci può offrire.

Dio c'entra in tutto questo? (Mario Luzzatto Fegis)
Sì, le ultime righe aprono uno squarcio verso la trascendenza. Guardare il mondo con gli occhi della musica e con un atteggiamento creativo significa togliere dalla quotidianità il velo di banalità e percepirla immediatamente come qualcosa di misterioso. Mi fermo al mistero dell'esistenza. Non voglio fare teorizzazioni di tipo teologico, ma dalla profondità creativa dell'essere umano alla trascendenza il passo è brevissimo. Dedico le ultime righe del libro a questo concetto.

Ha a che fare con il periodo della collaborazione con Jovanotti questo desiderio di scrivere? Si sa che Jovanotti è un noto grafomane.
Io lo considero piuttosto una continuazione dei miei studi filosofici universitari. E' un aspetto della mia esistenza che inevitabilmente continua ad assillarmi e a travolgermi. Solo che ho dovuto trovare un mio linguaggio che mi permettesse di far confluire quelle esperienze filosofiche nella mia esistenza quotidiana. C'è stato un concerto a Villa Arconati, fuori Milano. Mentre eseguivo un brano ritmico di danza, una cicala ha iniziato a frinire con un ritmo diverso. Mi ha subito messo in crisi. Durante l'esecuzione ho deciso di adattare il mio ritmo a quello della cicala. Poi mi sono abbandonato a riflessioni filosofiche su Fichte. E' il filosofo che indaga il rapporto tra uomo e natura. Fichte vede nella natura un limite a cui l'uomo deve continuamente adattarsi. La cicala era la natura di Fichte e io ero l'uomo. Nel caso la cicala fosse venuta con me sarebbe stato un evento straordinario, anche per Fichte. La natura non sarebbe stata più limite e sarebbe venuta incontro all'uomo. Invece no. La cicala ha continuato imperterrita a seguire il suo ritmo e addirittura ha continuato a frinire anche dopo finito il pezzo. La natura ha continuato nel suo orologio perfetto newtoniano e incurante delle vicende umane, che erano appunto in quel caso la mia esecuzione.

Spesso conteggi per musicare un nome. Perché lo fai?
Associare note musicali alle lettere dell'alfabeto era una cosa già realizzata nel Medio Evo e utilizzata anche da Bach. Si può associare ad ogni suono una lettera dell'alfabeto. La mia idea è che dentro tutti siamo fatti di musica, altrimenti non potremmo vibrare ascoltandola. I nomi delle persone che incontro possono trasformarsi in melodie e spesso finiscono nei meandri delle mie composizioni.

Perché nel libro hai voluto spiegare al pubblico come nasce un tuo brano?
I fan sono spunto della mia musica, mi scrivono lettere e mail di una bellezza disarmante. Mi sono fatto un'idea completamente nuova dei giovani e delle nuove generazioni. Ambiscono a trovare altro, hanno vissuto sulla loro pelle la caduta della società dell'immagine. Sono stanchi di un mondo che gira sempre sulle stesse idee e sono mossi dall'esigenza di soddisfare i loro bisogni. Hanno una nuova poesia e sono convinto che ci porteranno verso un nuovo Rinascimento. La spiegazione di come nasce la musica è una risposta alla loro richiesta. Sono persone che vogliono confrontarsi sulle motivazioni creative che portano alla realizzazione di una composizione musicale o di un'altra opera d'arte, per analizzare il loro personale processo creativo. Sono perlopiù studenti universitari, ricercatori, poeti, artisti.

Come si arriverà a questo nuovo Rinascimento di cui parli? (by Comete)
All'origine della violenza, dei conflitti, dei totalitarismi, delle diseguaglianze c'è la ragione. Se lasciamo spazio alle emozioni, al nostro essere più profondo invece che alla ragione, si arriva al rispetto e riconoscimento dell'altro in quanto mistero, non in quanto etichetta. E da qui può nascere una comunicazione nuova tra gli uomini. Arrivo all'affermazione sui giovani che ci guideranno verso un nuovo Rinascimento, attraverso un processo filosofico. Arriva, secondo me, un'era delle emozioni e si chiude l'era dell'esaltazione del pensiero scientifico. I ragazzi mi parlano non di concetti, ma di emozioni. C'è l'esigenza nei ragazzi di ricominciare a volare alto, volendo immaginare e sognare cose nuove, opere grandi e importanti paragonabili ad una nuova Gioconda o una nuova Tour Eiffel o un Premio Nobel.

Questo processo di rinnovamento dovrà compiersi, secondo te, anche attraverso eventi di particolare impatto sull'uomo e l'ambiente che lo circonda? (by Comete)
Paradossalmente io non ho un rapporto con la natura, neanche per l'ispirazione creativa. La musica viene a trovarmi indipendentemente da dove mi trovo. Spesso questo contatto e incontro avviene in luoghi non luoghi, ad esempio la metropolitana, la stazione dei treni, tutti i luoghi in cui mi trovo a contatto con l'umanità dispersa e gettata nell'esistenza. Sono luoghi per me importanti. Sembra paradossale, ma mi trovo a mio agio nello smog, nel traffico della città. Sono sicuro che ci sarà un'evoluzione tecnologica che ci libererà dall'inquinamento. Delle menti geniali mosse da un'emozione ci permetteranno di elaborare cose nuove impensabili fino a ieri. Si riuscirà a risolvere il problema dell'utilizzo di energie alternative. Ma mi piace accettare l'esistenza quotidiana e il varco di senso e poesia che c'è anche in uno scenario per niente rassicurante.

Il prossimo CD quando arriva?
A Giugno: sarà un album per pianoforte e orchestra. Comunque quando la musica viene a trovarmi, bussa alla mia testa e mi chiede di essere sviluppata in una composizione musicale, non penso assolutamente al progetto discografico. Il mercato richiede determinati standard di lunghezza, di tempo, di numero di brani. Io invece pretendo che la musica sia una padrona assoluta e una strega capricciosa che monopolizza la mia vita e a cui io devo una dedizione totale. Prima arriva la musica, poi probabilmente può diventare un CD.

Due brani tuoi sono stati scelti per spot importanti, quindi sono diventati delle colonne sonore. Credi che in futuro creerai anche musica su commissione?
Spike Lee ha utilizzato il mio brano "Come sei veramente" per lo spot della BMW. Nel giro di pochi mesi il pezzo è diventato noto in quasi in tutto il mondo. Mi piace e mi affascina che la mia musica venga utilizzata, così posso essere davvero un musicista contemporaneo, non slegato dal resto del mondo. Per il momento continuo però a creare in modo indipendente, credo nel mio modo di creare musica in modo incontaminato.

Il tuo pensiero sul rapporto musica e parole?
La musica, non avendo le parole, dà all'individuo la possibilità di esprimere se stesso, senza restare schiacciato da un testo. Una nuova generazione di ragazzi si avvicina alla mia musica, proprio perché non ci sono le parole.

La tua visione del pubblico dal palco, rispetto al primo concerto in cui avevi cinque persone, com'è?
E' un'esperienza che non mi ha mai più abbandonato. Era il giorno del mio ventunesimo compleanno. Quella sera ho capito che la musica non ha a che fare con i numeri, ma con le persone, che sono individui unici e irripetibili. Ogni volta mi rivedo quelle persone in mezzo al pubblico, mi ricordano l'unicità dell'individuo. Non posso farmi condizionare dal numero, dall'esigenza di avere molte persone. Sono contento che il successo che ora mi sta travolgendo sia arrivato tardi, quando ho conquistato un po' di saggezza. E sono contento che il mio successo sia arrivato attraverso l'insuccesso. Ho visto i miei dischi vendere molto poco, ho visto i discografici dirmi di no e dirmi di lasciar perdere.

Quando non componi cosa fai? Come passi il tuo tempo libero?
Non esiste un decimo di secondo della mia vita in cui io non pensi alla musica. Sono portato all'isolamento e per fortuna ho degli amici che mi trascinano e mi portano fuori. Ma la mia passione per la musica è travolgente. E' una cosa per cui non dormo la notte. Non posso staccare la spina e dedicarmi ad essa solo in alcuni momenti.

Oltre ad essere una passione, senti che creare la tua musica è anche un compito? (by Comete)
E' per me un dovere, un imperativo categorico avere una dedizione assoluta nei confronti della musica. Tutto il resto è una conseguenza. Può portarmi al successo travolgente o all'anonimato più totale. Ma l'importante è vivere le proprie passioni e il proprio destino, il proprio talento fino in fondo, con tutti se stessi. Questo permette di vivere intensamente per sé e per gli altri. Poi può accadere che le cose vadano in un verso o nell'altro, ma non è questo l'importante. Se Ulisse fosse arrivato a Itaca con un viaggio in treno di quindici minuti non saremmo qui a parlarne.




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